Text ITA/ENG

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Madri, figlie, sorelle, nonne, qualsiasi funzione sociale preesistente alla reclusione viene azzerata all’interno del carcere e come in ogni istituto di pena, anche in quelli femminili le detenute vengono chiamate con il loro cognome quasi come fosse in corso un processo di spersonalizzazione, un tentativo di rimozione di un’identità che nella società civile le ha portate all’attuale condizione di detenzione.
“Nella società sono loro quasi sempre a portare il maggior peso di responsabilità affettiva. Quando una donna finisce in carcere, fuori ci sono sempre i figli, una madre, un padre e, a volte, anche un marito che contavano su di lei e che restano abbandonati e senza sostegni. E così la detenuta oltre al peso della carcerazione, si sente colpevole per averli lasciati soli, si sente responsabile per non poter far nulla per loro e somatizza il suo malessere” ha spiegato in un intervista a “Ristretti Orizzonti” Donatella Zoia, medico dell’ Unità operativa per le tossicodipendenze a San Vittore.
Il primo capitolo di questo viaggio all’interno delle carceri femminili l’ho iniziato a Pozzuoli in un istituto di detenzione femminile che mi ha sempre affascinato per la sua storia (l’edificio risale al quindicesimo secolo, quando l’intero complesso era un convento fondato dai frati minori, fu poi dopo il terremoto del 1538 adibito a rifugio per pescatori e marinai fino a divenire, prima dell’attuale utilizzo, area cimiteriale e residenza estiva per la diocesi ). 
La tipologia dei reati commessi dalle donne è espressione chiara del percorso di marginalità che spesso segna le loro vite, riportandole in carcere per brevi e ripetute permanenze: reati contro il patrimonio o spaccio e detenzione di stupefacenti costituiscono infatti motivo di condanna per la maggior parte delle detenute. Compare tra le tipologie di reati, la voce “prostituzione”, pur non essendo incriminabile lo status di prostituta; si tratta di reati legati a tale condizione, come oltraggio, lesione e resistenza a pubblico ufficiale, violazione del foglio di via, atti osceni, rissa e cosi via. La condizione di emarginazione vissuta nella società è caratteristica comune della maggioranza della popolazione detenuta sia maschile che femminile, ma il dato che emerge in maniera forte in quest’ultimo caso è la mancanza dell’elemento "violenza", della pericolosità sociale nei reati delle donne. In questo piccolo universo chiuso e sospeso la donna riempie il vuoto e la mancanza di affetto attraverso piccoli gesti rivolti a persone e cose. L’omosessualità è molto diffusa tra le detenute; per di più è "stranamente" vissuta in maniera molto aperta. "Stranamente" perché, a differenza degli uomini detenuti, le donne non nascondono i legami particolari che si instaurano tra di loro, si abbracciano, si scambiano tenerezze, litigano, si difendono senza preoccuparsi di nasconderlo e spesso chiedono di esser messe nella cella delle proprie compagne. Gli operatori affermano che, a differenza dell’omosessualità maschile, quella femminile manca di violenza, è più espressione di tenerezza e di bisogno di affetto, di contatto fisico, di punti di riferimento, di complicità.

Da un intervista a Mario Barone, avvocato e Presidente dell’Associazione Antigone in Campania:
“La riforma che ha portato alla chiusura degli OPG ha comportato una nuova ridistribuzione della popolazione un tempo internata li, in altri contenitori: gli opg ancora aperti, le r.e.m.s. ed i vari dipartimenti psichiatrici interni alle carceri, destinati ad ospitare detenuti con squilibri psichici pervenuti durante il periodo di carcerazione o da sottoporre a controllo. Il carcere femminile di Pozzuoli è stato identificato come istituto destinato ad ospitare detenuti campani portatori di disagi psicologici. Com è uso in tutti i reparti psichiatrici, il contenimento medico tramite psicofarmaci è la terapia maggiormente utilizzata”. 
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“La riforma che ha portato alla chiusura degli OPG ha comportato una nuova ridistribuzione della popolazione un tempo internata li, in altri contenitori: gli opg ancora aperti, le r.e.m.s. ed i vari dipartimenti psichiatrici interni alle carceri, destinati ad ospitare detenuti con squilibri psichici pervenuti durante il periodo di carcerazione o da sottoporre a controllo. Il carcere femminile di Pozzuoli è stato identificato come istituto destinato ad ospitare detenuti campani portatori di disagi psicologici. Com è uso in tutti i reparti psichiatrici, il contenimento medico tramite psicofarmaci è la terapia maggiormente utilizzata”

Da una lettera anonima di una detenuta del carcere di Pozzuoli:

"Noi detenute della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli vorremmo che voi ci aiutiate, ma sappiamo anche che anche se venite da noi siamo state avvisate che dobbiamo dire che qua va sempre bene e che ci trattano bene: sono tutte bugie che siamo costrette a dire [...]Si perché in questo “inferno” che noi viviamo, andiamo avanti solo con le minacce dei rapporti, anche per una sigaretta, che è l'ultima cosa che ci è rimasta qua dentro, in questo inferno che è così facile ad entrare, ma così difficile ad uscire. Vogliamo informarvi che viviamo in una stanza in cui siamo degradate e costrette a vivere piene di umidità. In ogni stanza viviamo in 10 persone e devi fare la fila per andare in bagno e svegliarti presto per farti una doccia prima che l'acqua calda va via; lo shampo lo possiamo fare solo una volta a settimana, quindi adesso è quasi estate e ci possiamo anche arrangiare, ma pensate quando viene l'inverno quello che dobbiamo subire.
[...] Parliamo anche un po' del servizio sanitario. Qua per prima cosa anche se qualcuno di notte sta male l'assistente fa finta di non sentire, perché l'infermeria la notte non vuole essere disturbata. Quindi devi aspettare la mattina che passa il carrello, quel carrello sempre pieno di psicofarmaci che vogliono darci sempre. Questo sempre per farci addormentare e quindi per non essere disturbati. Figuratevi che a Pasqua dormivamo tutto il carcere ed abbiamo avuto il dubbio che abbiano messo qualcosa nel cibo, perché è impossibile che dormivamo tutte le detenute. Ah dimenticavamo anche un'altra cosa. Lo sapete che quando lavoriamo il carcere si prende 50 euro ogni mese per il letto? Si lavora molto e prendiamo quasi l'elemosina e quindi questo è un altro abuso, di sfruttamento vero e proprio. Ma lo Stato questo lo sa?       O conviene anche a loro? Grazie sempre per quello che fate per noi".
Giugno 2015

 

IN.SIDE  (eng version)

The female home district of Pozzuoli is hosted inside an ancient fifteenth century convent fonded by friars minor. Over the centuries the old building was restored by Don Pedro of Toledo, after the earthquake of 1538 and it had different uses: it was brotherhood of sailors and fishermen, a cemetery area and summer residence of the diocesan seminary. In the convent lived his last months a great musician, Giambattista Pergolesi ( he died very young in the 1736). Only after the Unity the convent was finally intended as penitentiary. History, ancient melodies, humanity: this is the air who it’s still possible breathing inside its walls.

 

In Italy the number of female detainees in prisons it’s about the 5% of the total. They live restricted in 1 of the 5 female institute (Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli and Venezia Giudecca) or in one of the 52 departments present inside male prisons. Their stories are often poorly understood and for a large part of them, sons are the most painful chapter. Today are more than a hundred the child who live behind bars with their mothers. “When i entered in jail my son had 11 months” tells Gabriella, “inside the prison he quickly learned to be inmate, from the tone -“Please officer could you open me? – “Mom , when we have the interview with the lawyer?”- to the search -“He opened alone his harms and legs beside the officer”.
The prison also means detachment from own social reality, and the women are affected more roughly than men. Despite a lot of psychological and physical pressures due to the everyday life inside a prison (from a forced cohabitation inside cells often too small, to the moments of loneliness, anger, sadness and dispair) woman than man can preserve her status, keeping those habits, gestures and that everyday life which albeit played in a different reality, can assure and calm and maybe also deceive them that all that they are feeling and living it’s just a little brief which divides them to the home coming.
Type of crimes committed by women is a clear expression of a marginality’s path which often marks their lives, bringing them in jail for short and repeated stays: drugs shop and property crimes are indeed the main reason of sentence condemnation for the overwhelming majority of female inmates. Basically the female prison population is convicted to not very long sentences, excluding of course convictions for murder often realized by all those woman who lived years of domestic violence.
In “Asylum” Goffman writes:
“It is very widespread the feeling between inmates that time spent behind the bars is wasted, useless and stolen from his own life; it deals of a time that has to be deleted: it’s about something that has to be past or marked, or quicked or delayed”.

From an interview to Mario Barone |Lawyer and President of “Associazione Antigone in Campania”:
“The reform which led to the closure of O.P.G. ( giudiciary and psychiatric Hospital) determined a new redistribution of the population, a time interned there, in other containers:
o.p.g. still open, r.e.m.s.  and psychiatric department inside the prisons, intended to host inmates with insanity arised during the detention or submitting to observation. The female prison of Pozzuoli has been identified as institute intended to host Campanian inmates bearers of mental discomfort.
As it is usually in all the psychiatric departments chemical containment (drugs) acts as a master”
 

From an anonymous letter send from an inmates of Pozzuoli Female Prison:
[...]
“ I’m an inmate here in Pozzuoli and i’m writing even by all the other inmates of this prison, but none of us can sign this letter cause we could be punished and closed in insulation inside a small cell, alone, with nobody, and where you can only do your needs. First of all i want to say the most of our letters we send
you are trashed by police officers scared of what’s inside like the description of our life conditions...
We live a real hell here, we only move on with the fear of disciplinary reports, even for a cigarette, the last thing left to us...in this hell so easy to get in and so hard to go out. We want to inform you we’re living inside a cell ten of us, with a lot of humidity...in the morning we must raise up the mattress cause full of water, and when in the prison there’re visits and inspections they show them only the third floor/division, the most admissible. We’re in ten inside one single cell, and every morning we have to queue for the bathroom and to make a shower, before the hot water end...
Here we must pay everything and the prices are more than high; this is another exemple of power abuse of this institute. There’re inmates don’t conduct interviews with their parents, they have no money and it’s impossible for them buy anything. Here everything has a price, even the toilet paper. We pay every need with the money on our booklet, and often we see reported on it some expenses never realized, but nobody talks for fear of impacts. [...] We need help, here the ealth system is lacking: if you’re suffering for something in the night, you have to wait the next morning cause the nurse doesn’t want to be annoyed in the night. The medications  we have on the cart is full of psychiatric drugs...
few years ago (it was easter), we all were in bed without energy. Some of us thought it was only flu, other instead were thinking it was the effect of something else...

Text and photos by Claudio Menna.

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